Cashback governo: come funziona l’incentivo

Abbiamo da poco analizzato il Decreto Ristori e le categorie che possono beneficiare degli indennizzi. Vogliamo però fare un passo indietro al cosiddetto “Decreto Agosto” del 14/8/20, precisamente all’art.71. Tale articolo avvalorava la volontà del governo di proseguire nella direzione “cashless”. Già nella Finanziaria 2020 era stato inserito un vero e proprio cashback del governo. In pratica tale meccanismo consiste in un incentivo all’utilizzo di pagamenti elettronici, rivolto a tutte le persone fisiche “private” maggiorenni che in Italia effettuano abitualmente acquisti di beni o servizi. A fronte del sempre meno frequente utilizzo del contante, il Governo prevede di riconoscere una vera e propria ricompensa. In cosa si traduce questa ricompensa? In un rimborso in denaro direttamente sul proprio conto corrente. Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta.

Cashback governo: come funziona l’incentivo

24/09/2025

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Studio Brega

Gli italiani amano le banconote

Noi italiani, si sa, siamo un popolo che ama il contate. Entrando nel dettaglio, l’Italia è uno dei paesi europei maggiormente legati all’uso delle banconote. Sostanzialmente le motivazioni, di tipo culturale ed etico, sono molteplici. La fotografia dei trend di pagamento in Italia dice che nel 2019 il numero di transazioni pro capite con carte di credito è salito. Ciò non è comunque bastato per smuoversi dai bassifondi della classifica europea.

Numero di transazioni pro capite con carte
Paesi scandinavi 389
Media Europa Occidentale 172
Austria 105
Germania 68
Spagna 103
Malta 96
Grecia 72
Italia 57

Dati aggiornati al 2019. Fonte: IlSole24Ore



In conclusione l’uso così frequente del contante costa al nostro paese circa 133 € per abitante, ovvero 10 miliardi l’anno. Praticamente lo 0,53 % del Prodotto Interno Lordo.

Quanto ci costa il contante?

Prima di tutto, le banconote hanno costi di fabbricazione, trasporto e di gestione. Dal primo gennaio 2018 l’Italia non produce più le monete da 1 e 2 centesimi. Il motivo? Il costo di produzione eccede il loro valore. Per esempio, coniare una moneta da 1 centesimo ne costava 4,5. Fabbricarne una da 2 centesima equivaleva a spenderne 5,2. Per quanto riguarda le banconote, sappiamo che una banconota da 50 euro ha un costo di produzione compreso tra 6 e 10 centesimi. Nel 2017 solo le Banche centrali di Francia, Germania e Italia hanno prodotto 1,7 miliardi di biglietti.



In Italia, le monete sono coniate dalla Zecca dello Stato per conto del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Questi, infatti, in qualità di socio emittente, provvede alla distribuzione sul territorio avvalendosi delle filiali della Banca d’Italia. Una vecchia stima indica in 8 miliardi di euro la cifra spesa per sostenere costi di personale, furti, apparecchiature. Per non dimenticare: trasporto, sicurezza, assicurazioni, magazzini… In ogni caso, un danno enorme per il nostro paese, che se sommato al mancato gettito fiscale è stimabile intorno ai 24 miliardi di euro l’anno. (fonte: Osservatorio Innovative Payments del Politecnico di Milano).

Quanto costano i pagamenti elettronici

Come mai allora non siamo propensi a sfruttare i pagamenti elettronici? Prima di tutto non lo sono gli stessi esercenti. Soprattutto per le transazioni di piccolo importo. Ogniqualvolta pretendiamo di pagare con la carta in un negozio, dobbiamo sapere che il negoziante paga una commissione su ogni operazione. Tale commissione non può superare lo 0,2 % del valore della transazione o lo 0,3% nel caso delle carte di credito. Eppure, nonostante questi limiti, i costi superano regolarmente l’1% del valore delle transazioni.



Tali commissioni sono periodicamente oggetto di contrattazioni tra banche e i circuiti di pagamento. Le cosiddette “commissioni di interscambio” sono una minima parte dei costi che devono sopportare gli esercenti. Questi oneri servirebbero a remunerare la banca che emette la carta, pagare i circuiti di pagamento, i servizi IT. Per non dimenticare i servizi di prevenzioni delle frodi e i servizi amministrativi. Scontato dire che i negozianti e le varie associazioni di categoria faticano ad alzare la voce quando al tavolo delle trattative siedono i colossi bancari.



Oggi questo complesso sistema di pagamenti è composto da un ginepraio di componenti, talune variabili (in base al valore totale delle transazioni), altre fisse (per ogni transazione). Tale mix permette di remunerare tutti gli attori che partecipano all’operazione. Inevitabilmente però, una struttura così rigida penalizza le transazioni di importo ridotto, i cui costi fissi hanno una maggiore incidenza. Al fine di incentivare gli esercenti ad accettare i pagamenti elettronici anche per piccoli importi sarebbe opportuno che venissero applicate esclusivamente commissioni variabili.

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